martedì 18 settembre 2007

Come far fronte ai disturbi cardiaci

UDIAMO spesso di parenti, amici e conoscenti che hanno avuto un attacco cardiaco. Solo negli Stati Uniti gli attacchi cardiaci fanno circa 650.000 vittime all’anno, più di una persona al minuto. Circa 350.000 muoiono prima di arrivare all’ospedale. Ma ne sono colpiti anche gli abitanti di altri paesi. Nei paesi occidentali quasi metà degli uomini, e molte donne, muoiono di questo unico male: attacco cardiaco!
Ciò che spaventa particolarmente è che tante vittime sono giovani, sui 30, 40 e 50 anni. Spesso hanno il cuore sostanzialmente sano. Perché muoiono? Cos’è che non va?

Causa del problema
La causa del problema è che il muscolo cardiaco non riceve una sufficiente quantità di sangue. ‘Ma com’è possibile?’ chiederete. ‘Il cuore non è letteralmente immerso nel sangue? Non l’attraversano ogni giorno tonnellate di sangue?’
Sì. Per capire la natura del problema, dobbiamo sapere qualcosa sul funzionamento del cuore. È un muscolo cavo, con quattro cavità, l’atrio destro e il ventricolo destro, l’atrio sinistro e il ventricolo sinistro. Il sangue ossigenato proveniente dai polmoni affluisce all’atrio sinistro mentre l’atrio destro si riempie di sangue carico di anidride carbonica proveniente dal corpo. Quando gli atrii si contraggono, il sangue è spinto attraverso valvole nei ventricoli. Quindi ha luogo la principale azione di pompaggio del cuore. I ventricoli si contraggono energicamente, inviando simultaneamente il sangue ossigenato alle varie parti del corpo per mezzo dell’aorta e il sangue povero d’ossigeno ai polmoni attraverso l’arteria polmonare.
Mentre il sangue passa attraverso queste cavità, il muscolo cardiaco stesso non si avvale di questo fluido vitale. Si può fare un paragone con un camion che trasporta gasolio. Il camion non è alimentato dal gasolio che consegna ai clienti. Piuttosto, è alimentato dal carburante di cui si rifornisce alle stazioni di servizio. Questo carburante è inviato al motore del camion attraverso il tubo di alimentazione.
Allo stesso modo, non è il sangue che passa attraverso le cavità del cuore a nutrire il cuore. No, ad alimentarlo è piuttosto il sangue che è pompato dal cuore e che vi ritorna per un’altra strada. La chiave del problema degli attacchi cardiaci sta in queste ‘linee di alimentazione’ o percorsi seguiti dal sangue per alimentare il cuore.
Dal cuore il sangue è pompato nella principale arteria del corpo, l’aorta. Tuttavia, quasi immediatamente buona parte di questo sangue è inviato alle due arterie coronarie. In questo modo l’ossigeno e le sostanze chimiche nutritive sono trasportati in tutte le parti di questo importantissimo muscolo del corpo. Cosa accade dunque se nelle arterie coronarie il flusso del sangue viene ostacolato?
Ostruzione delle arterie coronarie


Per fare un esempio si può notare ciò che accade quando si accumula una gran quantità di ruggine all’interno di una conduttura dell’acqua. Quando pompate l’acqua attraverso quel tubo, il flusso è limitato. Che accade dunque se occorre una gran quantità d’acqua in un breve periodo di tempo? Sotto l’eccessivo sforzo la pompa smetterà di funzionare e si romperà.
Questo vi dà un’idea di quanto accade nel cuore di milioni di persone. Le arterie coronarie si restringono in seguito all’accumulo di depositi grassi. Questa condizione è detta aterosclerosi. Cosa accade, dunque, quando il cuore ha bisogno di più sangue per far fronte a qualche improvvisa necessità fisica o emotiva?
Anche quando una piccola parte del cuore resta temporaneamente senza sangue, i fenomeni elettrici possono in qualche modo venire turbati, sconvolgendo il ritmo delle pulsazioni. Sopravviene allora quella che è definita fibrillazione ventricolare, un’insolita e seria complicazione in cui il cuore si contrae in modo caotico e inefficace, e si ferma venendo a mancare la forza motrice. Ne consegue la morte entro pochi minuti se non riprende a pompare debitamente.
Gli attacchi cardiaci sono spesso provocati anche da un coagulo o trombo in un’arteria coronaria. L’aterosclerosi non causa un restringimento uniforme dei vasi. Piuttosto, lungo il vaso sanguigno si accumulano depositi a tratti, mentre il diametro del resto del vaso può essere normale. Quindi il coagulo si forma in un punto più stretto del vaso, ostruendo l’afflusso di sangue a una parte del muscolo cardiaco. Questa ostruzione di un vaso sanguigno nel cuore è detta trombosi coronarica od occlusione coronarica. Il risultato dell’ostruzione è chiamato infarto miocardico, un attacco cardiaco.
Come si può stabilire se si tratta di un attacco cardiaco?

Sintomi
In molti casi è difficile riconoscere un attacco cardiaco. Infatti, gli specialisti del cuore calcolano che forse il 20 per cento degli attacchi iniziali hanno luogo senza che la vittima se ne accorga. Questo avviene perché un vaso sanguigno del cuore si chiude gradualmente in un periodo di settimane o mesi, anziché tutt’a un tratto.
Inoltre, i sintomi possono non essere riconosciuti come quelli di un attacco cardiaco. Ad esempio, possono essere scambiati per una forte indigestione. Ci può anche essere vomito, insieme a senso di affaticamento e aspetto cinereo. Altri indizi possono essere sudorazione e respiro corto. Il più comune sintomo di attacco cardiaco, comunque, è una sensazione di disagio, di pressione o di pienezza al centro del torace. Oppure si avverte un fortissimo dolore al torace, indizio quasi sicuro di attacco cardiaco.
Molti, dopo un attacco cardiaco, vivono una vita lunga e piena, forse senza essersi neppure accorti d’averlo avuto. D’altra parte, anche un attacco leggero che danneggi minimamente il cuore può far insorgere la fibrillazione ventricolare, e la vittima può perdere i sensi e morire nel giro di pochi minuti. Ma potreste salvarla, sapendo cosa fare.

  1. Per salvare le vittime di attacchi cardiaci
    Molti il cui cuore si era fermato per ben cinque minuti sono ora in buone condizioni fisiche e in grado di fare tutto ciò che facevano prima dell’attacco cardiaco. A salvarle fu la pronta azione di coloro che si trovavano nelle vicinanze. Sapevano cosa fare. E voi? Potreste salvare una vita?
    Non è così difficile come si potrebbe pensare. In certi luoghi si tengono corsi aperti al pubblico in cui viene insegnato l’efficacissimo metodo della rianimazione cardiopolmonare che può salvare delle vite. Consiste in una combinazione di massaggio cardiaco esterno e respirazione artificiale. Se ne avete l’occasione, seguite un corso del genere. Tuttavia, considerando attentamente le istruzioni fornite qui, potete essere in grado di salvare la vita a qualcuno che è stato colpito da attacco cardiaco, forse una persona cara.
    Se vedete qualcuno colpito da collasso, dovete seguire certi passi preliminari prima di dare inizio alla rianimazione cardiopolmonare. Ma dovete agire in fretta, perché la persona priva di sensi può vivere solo da quattro a sei minuti circa senza respirare.
    Prima vedete se ha veramente perso i sensi. Sarebbe imbarazzante tentare di salvare la vita a qualcuno che sta solo dormendo! Perciò scuotete con delicatezza la spalla della persona e chiedete: "Come va?" Se non risponde, controllate se respira, perché può darsi sia solo svenuta. Avvicinate l’orecchio alla sua bocca, con la faccia girata verso il suo petto. Se respira, dovreste poter sentire il respiro nell’orecchio, e forse vedere il torace che si muove.
    Se non c’è segno di respirazione, è importante aprirgli le vie aeree. Quando qualcuno perde i sensi a volte la lingua scivola in fondo alla gola, per cui questa importante apertura attraverso cui l’aria arriva ai polmoni viene ostruita. Forse tutto ciò che occorre per riattivare la respirazione è di liberare le vie aeree, e questo di solito non è difficile.
    Stesa sul dorso la persona priva di sensi, con una mano sollevatele delicatamente la nuca. Così la testa cadrà all’indietro, facendo allungare il collo. Appoggiate l’altra mano sulla fronte e spingete indietro la testa finché non va più in là. Rimarrete sorpresi notando fin dove arriva la testa tendendo il collo al massimo. Fatto ciò, il mento sarà in posizione quasi verticale verso l’alto, e la cima della testa sarà appoggiata per terra. In questa posizione la mascella e la lingua son tirate in avanti e l’apertura della gola è libera.
    Se dopo aver fatto questo in fretta la respirazione non è riattivata, cominciate immediatamente a praticare la respirazione artificiale. Servendovi della mano che è appoggiata sulla fronte della vittima, chiudetele il naso, tenendo fermo contemporaneamente il palmo della mano perché la testa resti inclinata. Tenete l’altra mano sotto il collo della vittima (o sotto il mento), spingendo verso l’alto. Quindi spalancate la bocca e appoggiatela direttamente sulla bocca della vittima, e fate quattro insufflazioni veloci e complete in rapida successione. Vedrete sollevarlesi il petto mentre i polmoni si espandono.
    Successivamente, controllate in fretta il polso della vittima, per vedere se il cuore batte. Il miglior luogo per trovare il polso è l’arteria carotide, la principale arteria del collo. Per trovarla, togliete la mano da dietro al collo e fate scorrere l’indice e il medio nel solco accanto alla laringe. Se il polso non si sente, il cuore si è fermato e, oltre alla respirazione artificiale, dovete anche provvedere alla circolazione artificiale se volete salvare la vittima.



  2. La circolazione artificiale si può ottenere con il massaggio cardiaco a torace chiuso. È un metodo relativamente semplice che consiste nel comprimere il torace. Queste compressioni spingono in effetti il cuore a pompare il sangue. Molte volte il cuore ricomincia in questo modo a battere da solo. Ma, naturalmente, si deve anche continuare a fornire ossigeno, perché il sangue in circolo non serve a nulla se non prende ossigeno dai polmoni.
    Pertanto il soccorritore deve compiere per la vittima la funzione vitale della respirazione e contemporaneamente fare in modo che il suo cuore pompi il sangue. Anche se il cuore non comincia a battere da solo, se potete praticare la rianimazione cardiopolmonare fino all’arrivo del soccorso medico, forse la vittima si salverà. Ci sono stati casi in cui la respirazione e la circolazione del sangue sono state attivate artificialmente per ore prima che l’organismo della vittima ricominciasse ad assolvere queste funzioni.
    Prevenzione
    Oltre a essere pronti a soccorrere le vittime di attacchi cardiaci, cos’altro possiamo fare? Si può prevenire, o almeno rallentare, l’accumulo di depositi nelle arterie, la principale causa di attacchi cardiaci?
    Si ammette in genere che colesterolo e grassi (gliceridi) contribuiscono in qualche modo alla formazione di questi depositi. È solo sensato badare alla propria alimentazione ed evitare di ingrassare troppo, dato che se c’è grasso visibile probabilmente questo vuol dire che all’interno del corpo si accumulano grassi nelle arterie, restringendole pericolosamente. Può anche essere consigliabile limitare o evitare il consumo di cibi fritti in grasso animale. Nello stesso tempo mangiate in abbondanza nutrienti verdure, frutta, meloni e cereali.
    L’attuale ritmo della vita, accelerato e stressante, pare sia un altro fattore che accentua la formazione di depositi grassi nelle arterie. Dato che chi cerca incessantemente di fare troppe cose in un tempo troppo breve va soggetto agli attacchi cardiaci, vorrete evitare questo continuo senso di fretta.
    Un’altra cosa importante per contrastare i possibili effetti disastrosi dell’accumulo di grassi nelle arterie è quella di fare abbastanza esercizio. Infatti, il dott. Wilhelm Raab, direttore delle Ricerche Cardiovascolari presso l’Università del Vermont, ha detto: "La mancanza di esercizio è la maggiore causa delle malattie delle coronarie". Perché?
    Come sappiamo, il cuore è un muscolo, e i muscoli si indeboliscono quando non sono esercitati abbastanza. Infatti, ne risente tutto il sistema circolatorio. Le arterie che trasportano il sangue ai muscoli si restringono e molti piccoli vasi scompaiono addirittura. D’altra parte, il regolare esercizio fa ingrossare le arterie, così che trasportano più sangue. Inoltre, nel tessuto muscolare si aprono più vasi sanguigni, aprendo nuove vie per l’invio di maggiore ossigeno, e riducendo così la possibilità di un attacco cardiaco.
    La regolare attività fisica, inoltre, rafforza l’azione di pompaggio del cuore. Pertanto ci vogliono meno battiti per compiere la stessa quantità di lavoro. Quindi un cuore in buone condizioni fisiche non dovrà sforzarsi in caso di necessità improvvisa come un cuore che non è in forma. Per salvaguardare il cuore, prendete l’abitudine di fare regolarmente dell’esercizio. Un medico ha detto: "Le camminate di buon passo, dalla gioventù in poi, ridurrebbero di per se stesse drasticamente l’invalidità e le morti premature dovute a coronaropatie".
    Ma non tutte le cardiopatie sono provocate da un accumulo di grassi che restringono l’interno delle arterie coronarie. La causa di alcune cardiopatie è il cattivo funzionamento del sistema elettrico del cuore.
    Blocco cardiaco
    Come si è già detto, il cuore ha un complicato sistema di cellule speciali che avviano e conducono gli impulsi elettrici a tutto il cuore per farlo battere ritmicamente. Avviene un blocco cardiaco quando c’è qualcosa che non va nella trasmissione di questi impulsi elettrici. Gli impulsi non vengono trasmessi debitamente, e l’azione di pompaggio del cuore ne soffre.
    Ci sono diversi gradi di blocco cardiaco. Un blocco parziale può comportare solo un ritardo nella trasmissione degli impulsi, senza causare alcuna particolare anormalità nel funzionamento del cuore. Ma può trattarsi di un disturbo grave. La trasmissione degli impulsi dagli atrii ai ventricoli può essere completamente bloccata, per cui le cavità cardiache battono l’una indipendentemente dall’altra. Il risultato sono delle pulsazioni inefficaci che non provvedono un adeguato flusso di sangue. Se il blocco cardiaco persiste, e il flusso di sangue è troppo inadeguato, si può morire.
    Oggi, comunque, migliaia di persone che probabilmente anni fa sarebbero morte sono ancora in vita, e conducono una vita pressoché normale. Questo grazie ai pace-maker artificiali, apparecchiature per la stimolazione cardiaca. I primi furono inseriti in pazienti verso il 1960. Hanno avuto un tale successo che letteralmente centinaia di migliaia di persone hanno questi pace-maker nel proprio corpo. Il seguente racconto sugli enormi cambiamenti che un pace-maker ha prodotto nella vita di un uomo sarà sia istruttivo che incoraggiante.



  3. Per "infarto" si intende quella parte di tessuto che è morta per la cessata irrorazione sanguigna; "mio" si riferisce al muscolo, e "cardico" al cuore.



  4. Come si deve praticare esattamente la rianimazione cardiopolmonare? Un opuscolo dell’Ordine dei Cardiologi Americani dà le seguenti concise istruzioni:
    "Inginocchiatevi a fianco della vittima vicino al suo torace. Individuate la parte più bassa dello sterno. . . . Appoggiate il palmo di una mano a 2,5-4 centimetri da [cioè sopra] quella punta. Mettete l’altra mano sopra quella. Badate di tenere le dita staccate dalla parete toracica. Forse vi è più facile farlo se intrecciate le dita.
    "Mentre comprimete, portate il peso delle spalle direttamente sopra lo sterno della vittima, tenendo le braccia diritte. Se la vittima è un adulto, comprimete lo sterno di circa 4 o 5 centimetri. Ogni compressione dev’essere immediatamente seguita da un rilasciamento, di ugual durata. Un movimento ritmico oscillatorio aiuta ad assicurare la giusta durata del ciclo di rilasciamenti. Ricordate di non staccare le mani dallo sterno della vittima quando lasciate tornare il torace alla posizione normale fra una compressione e l’altra.
    "Se siete l’unico soccorritore, dovete provvedere sia alla respirazione che al massaggio cardiaco. Il giusto rapporto è di 15 compressioni ogni 2 veloci insufflazioni. Dovete comprimere il torace al ritmo di 80 volte al minuto se lavorate da soli poiché dovete interrompervi per praticare queste insufflazioni.
    "Se potete valervi dell’aiuto di un altro soccorritore, mettetevi uno da ciascun lato della vittima. Uno si occuperà della respirazione, un’insufflazione ogni cinque compressioni toraciche. L’altro, che comprime il torace, praticherà 60 compressioni al minuto".

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